“A seguito della comunicazione pervenuta dalla presidenza del Consiglio dei ministri si consiglia di uscire di casa e rimanere all’aperto”. Ieri nel piccolo comune di Garfagnana, in provincia di Lucca, il principio di precauzione applicato all’information technology (o, in questo caso, alla disinformation technology) ha portato al panico collettivo da social network. “A seguito della comunicazione pervenuta dalla presidenza del Consiglio dei ministri si consiglia di uscire di casa e rimanere all’aperto” sono i centoquaranta caratteri che alle 22 e 19 di giovedì il profilo su Twitter del comune di Castelnuovo, 6.118 abitanti nel cuore della Garfagnana toscana, ha inviato alle 976 persone che seguono i suoi aggiornamenti. Televisioni e agenzie hanno ripreso e diffuso il cinguettìo sul terremoto, che poi non c’è mai stato – non nelle 24 ore successive, ma chissà, prima o poi ci sarà: non esistono tecnologie profetiche in grado di determinarlo. Quello del sindaco di Castelnuovo è un avviso che rievoca i provvedimenti apocalittici dell’agosto del 2011, quando applicando il principio di precauzione all’uragano Irene furono evacuate mezzo milione di persone da New York. Ma cosa sarebbe successo se un avviso simile fosse stato dato in due metropoli come Roma e Milano? Cosa sarebbe successo se a Giuliano Pisapia fosse scappato un tweet d’allarme leggendo, al mattino, il bollettino dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia? “L’impatto sociale sarebbe stato devastante”, dice al Foglio Mario Morcellini, professore di Sociologia dei processi culturali e comunicativi della Sapienza di Roma. “Un messaggio di evacuazione, lanciato su Internet in un comune piccolo e tutto sommato funzionante non ha avuto risultati particolarmente disastrosi. Ma realtà come quella di Castelnuovo ha dalla sua un diverso rapporto dei cittadini con le istituzioni, e anche una tradizione di solidarietà sociale che viene meno nelle grandi metropoli”. Se fosse successo a Milano, il contesto culturale sarebbe stato avverso e l’impatto sulla popolazione devastante, spiega Morcellini. “Ciò che è accaduto in Garfagnana è la riprova che i soggetti pubblici hanno il compito di calcolare la quota di rischio degli eventi, ma prima di ogni cosa devono calcolare l’effetto del panico”, e di migliaia di anziani che non possono essere raggiunti dal messaggio. L’uso di Twitter per Morcellini dimostra quanto gli italiani “siano dei provinciali che scoprono la modernità. Basti guardare a quanto conta strategicamente Twitter in questa campagna elettorale, ma conta più per gli operatori dei media che per la popolazione utilizzatrice del mezzo. Un piccolo comune che usa Twitter si sente veloce ed efficiente, e spesso non lo è affatto”.
“Abbiamo visto cosa succede quando un comunicato scientifico viene ricevuto dal sindaco di una città senza adeguate consulenze”, dice al Foglio Mario Tozzi, ricercatore dell’Istituto di Geologia ambientale del Cnr, “per esempio durante l’allarme neve a Roma dell’anno scorso, quando sono stati confusi i millimetri d’acqua con i centimetri di neve”. Un disastro che può far diventare un rischio naturale, ovvero la struttura geologica sismica italiana, in un incubo di notti passate all’aperto aspettando che la terra tremi. Sempre che il presunto terremotato sia dotato di smartphone e Twitter: “Per un avviso del genere bisognerebbe tornare ai vecchi metodi, bisognerebbe tornare a far suonare i campanili delle chiese”, spiega Tozzi. “Non siamo un paese sufficientemente tecnologico per poterci permettere un avviso attraverso un social network”. Come quando nel 2004 le autorità di Sumatra pretendevano di avvisare gli abitanti del Kenya dell’arrivo dello tsunami con i messaggini sul telefono. Impossibile. Oppure si può prendere ad esempio l’efficienza pragmatica del regime, “come per il terremoto di Haicheng del 1975, quando seicentomila cinesi furono evacuati manu militari senza molte spiegazioni”. Il fatto è che un’evacuazione per un evento sismico si applica solo in presenza di fenomeni eclatanti ed evacuare la Garfagnana sarebbe stata una follia in qualsiasi parte del mondo.
Che cosa è successo a Castelnuovo, in realtà, è facile dirlo. Quattordici ore prima del tweet del comune l’Ingv aveva mandato al dipartimento di Protezione civile il secondo dei due quotidiani bollettini sulla situazione dei terremoti in Garfagnana, da giorni interessata da eventi sismici. Ma il tweet del comune di Castelnuovo è la diretta conseguenza della sentenza dell’ottobre 2012 che ha condannato a sei anni di reclusione i sette componenti della commissione Grandi rischi per i fatti legati al terremoto dell’Aquila del 2009. “Il sindaco e il capo della Protezione civile Gabrielli hanno fatto benissimo!”, dice senza ombra di dubbio Enzo Boschi, ex direttore dell’Ingv e uno dei condannati dell’Aquila. “Il sindaco è il responsabile ultimo della protezione civile del suo comune, deve decidere secondo la sua coscienza”, spiega Boschi. E se per evitare una condanna per omicidio colposo basta un cinguettìo sul social network, ben venga. L’eccesso di precauzione di sindaco e Protezione civile per Boschi “è stata certamente influenzata dalla sentenza del tribunale dell’Aquila. Una sentenza per la quale ci hanno riso tutti dietro. Ma si metta nei panni di quel sindaco, che cosa avrebbe fatto lei?”. Perché è vero, come dice Tozzi, che l’Italia è un paese che si regge sul consenso geologico, ma a far paura qui sono anche le procure. E così si rischia di militarizzare il territorio tenendo sempre pronti tutti all’evacuazione, per evitare il carcere, o la gogna mediatico-giustizialista. Ma un modo per eliminare allarmismo e rischio, senza limitare le libertà personali, esiste. Per Boschi “basta costruire seguendo regole antisismiche. E non ci vengano a dire che non ci sono i soldi”.
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