martedì 18 marzo 2014

WhatsApp, permette le chiamate Voip



Tra non molto avremo l’oppurtunità di telefonare tramite WhatsApp forse senza spendere alcun soldo aggiuntivo. Immaginate di svegliarvi la mattina e di avere sul vostro conto in banca 14 miliardi di dollari. Se vi chiamaste Brian Acton e Jan Koum e foste i fondatori di WhatsApp, la messaggeria istantanea diventata popolare negli ultimi anni come sostituiva degli sms, sarebbe possibile. WhatsÀpp Messenger è un’app di messaggistica mobile multi-piattaforma che consente di scambiarsi messaggi coi propri contatti senza dover pagare gli Sms. Oltre alla messaggistica istantanea di testo che costituisce la funzione base, WhatsÀpp permette ai suoi utenti di creare anche chat di gruppo, condividere file audio, video e immagini, e scambiarsi contatti della rubrica. Per far questo sfrutta la connessione internet del vostro device come se fosse un programma di chat, ma riconosce come login il numero di telefono corrispondente alla Sim. Questo permette di poter contattare tutti i numeri della vostra rubrica, a patto che anche i vostri interlocutori abbiano installato l’app; e, a vosrra volta, potrete essere contattati solo da chi possiederà il vostro numero di cellulare. Un modo di comunicare gratuito che, insieme a Skype (che permette le chiamate Voip, unico servizio attualmente non disponibile su WhatsÀpp), ha cambiato il concetto di telefonia. Un’applicazione gratuita (ora a pagamento per i nuovi iscritti) creata da due ragazzi che si sono incontrati nel 1997 negli uffici di Yahoo, colosso per cui hanno lavorato fianco a fianco per una ventina d ’anni, da cui si sono staccati per fare il grande salto e hanno fondato una compagnia a basso profilo, operando continuamente per rendere il loro prodotto funzionale e più leggero possibile, facendolo diventare più una utility che un programma da social network, pieno di giochi e pubblicità. Ecco, appunto: la pubblicità. « e tìrian abbiamo lavorato in tutto Ventanni presso Yahoo, facendo del nostro meglio per tenere in vita il sito.» Racconta Jan Koum sul suo blog. «Lavoravamo giorno e notte per vendere pubblicità, perché era quello che faceva Yahoo. Raccoglieva dati, serviva pagine e vendeva pubblicità. Abbiamo visto Yahoo farsi eclissare in dimensioni e portata da Google, un venditore di pubblicità più efficiente e più redditizio. Sapevano cosa stavate cercando, e quindi riuscivano a raccogliere i vostri dati in modo più efficace al fine di vendere pubblicità migliori. Oggigiorno le aziende sanno letteralmente tutto su di voi, sui vostri amici, sui vostri interessi, e si servono di queste informazioni per vendere pubblicità. Quando tre anni fa ci siamo messi a tavolino per avviare la nostra azienda, volevamo fare qualcosa che non fosse semplicemente un altro punto di smistamento di pubblicità. Intendevamo investire il nostro tempo per creare un servizio che la gente volesse usare perché funziona, un servizio che consentisse di risparmiare soldi e che in qualche modo rendesse la vita della gente un po’ migliore. Se fossimo riusciti a fornire tutti quei servizi, sapevamo di poter far pagare le persone. Sapevamo che potevamo fare quello che la maggior parte delle persone cerca di fare ogni giorno: evitare la pubblicità.» Oggi WhatsApp è una realtà che conta 450 milioni di utenti attivi ogni mese, 320 milioni al giorno e un milione di nuovi iscritti ogni 24 ore. Una ghiottoneria per Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, sopratutto dopo il rifiuto di acquisizione da parte di Snapchat e mette sul piatto la cifra record di 14 miliardi di dollari, appunto, che diventeranno 19 nei prossimi anni (3 in 4 anni per dipendenti e fondatori). La paura di molti utenti è che, con l’arrivo di Zuckerberg, questa filosofia (il motto di Brian Acton è “No Ads! No Gamesl No GimmicksF, cioè, No pubblicità! No giochi! No trucchi!) possa cambiare e molti minacciano migrazioni su altri sistemi di messaggeria come Viber, WeChat, Line, KaKao o Tango. Tuttavia, il Ceo di Facebook ha precisato che non è interessato a modificare lapp. Dopotutto, è lanciatissima in borsa (e va meglio della stessa Facebook) e ha un precedente che toglie ogni dubbio: Instagram, il social network dedicato agli appassionati di fotografia e acquistato da Zuckerberg nel 2012 per un miliardo di dollari è rimasto invariato, non si è fuso con Facebook e non è diventato un contenitore di pubblicità come alcuni, anche allora, temevano.








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