Per l’industria discografica e cinematografica Kim Dotcom è il nemico pubblico numero uno, un pericoloso criminale di cui il Ministero di Giustizia americano vuole l’estradizione dalla Nuova Zelanda (dove si trova confinato dopo il blitz orchestrato nel gennaio scorso dall’FBI e dalla polizia locale e conclusosi con il suo arresto).
Lui si considera invece un tutore della libertà di pensiero, con ambizioni da pop star e l’impeto evangelico – addirittura – di un Martin Luther King. Tanto da evocare esplicitamente il leader e predicatore afroamericano assassinato nel 1968 a Memphis e il suo celeberrimo “I had a dream” in un singolo/videoclip, “Mr. president”, che l’ineffabile Kim ha postato su Twitter.
Non è la prima volta che Kim Dotcom si affida alla musica, lo fece anche quando Megavideo venne chiuso.
La nuova canzone invece inizia con una serie di proclami (”La guerra per Internet è cominciata! Hollywood controlla la politica! Il governo uccide l’innovazione! Non lasciamoglielo fare!”) che sintetizzano il suo pensiero e che Dotcom indirizza direttamente alla persona di Barack Obama, da lui ritenuto direttamente responsabile della distruzione di MegaUpload a seguito degli scontri con le industrie del copyright.
“Il presidente Obama dovrebbe dare un’occhiata alla situazione e rassicurare i suoi sostenitori sul fatto che la libertà e l’innovazione di Internet rappresentano le sue priorità”, ha dichiarato l’imprenditore/agitatore di origini tedesche a TorrentFreak subito dopo il lancio del singolo. “Dovrebbe considerare la possibilità di aiutare milioni di utenti di Mega a riavere indietro i loro file. E dovrebbe motivare Hollywood a innovare e ad adattarsi alla velocità della luce dell’Internet moderno invece di congelare l’innovazione e il progresso”.
“C’è bisogno di un dialogo per trovare delle soluzioni”, ha aggiunto. “L’aggressione e la distruzione danneggerano l’economia americana. Gli innovatori di domani eviteranno di fare affari negli Stati Uniti. Chiudere uno dei maggiori siti di cloud storage ignorando un processo equo, il dettato della legge e i diritti costituzionali dei nostri utenti non è il modo giusto di procedere”.
Nessun commento:
Posta un commento