sabato 18 agosto 2012

Twitter impara da Facebook sulle nuove linee guida delle applicazioni


Logo di Twitter DevelopersTwitter ha aggiornato le Application Programming Interface (API) che permettono l’invio, il recupero e la manipolazione delle informazioni pubblicate sulla piattaforma alla versione 1.1 e proposto le nuove linee guida agli sviluppatori di terze parti. Le novità sono molte, però – prima d’entrare nel merito di ognuna – in pratica il servizio di microblogging ha imparato la lezione da Facebook: Twitter si riserva il diritto di decidere come presentare i dati estrapolati, ad esempio nell’integrazione dei tweet a indirizzi esterni.


A questo proposito, mostrare i singoli tweet senza usufruire del codice fornito appositamente da Twitter è considerato illegittimo. Una pratica comune è quella di proporre un riassunto degli ultimi aggiornamenti di stato sul proprio sito o blog: non è più possibile, se non utilizzando lo strumento dedicato di Twitter. Un po’ come il pulsante per i “like“ di Facebook, che non può essere alterato nell’aspetto. WordPress.com e le altre piattaforme di blogging devono adeguarsi, sostituendo i widget con quelli predefiniti di Twitter.


Le novità seguono l’evoluzione dei tweet da semplici frasi di max. 140 caratteri a contenuti ipertestuali. Mostrare un aggiornamento di stato in qualunque contesto estraneo al dominio di Twitter richiede l’utilizzo delle immagini ufficiali e l’inserimento di tutti gli elementi correlati, dal profilo dell’autore a reply e retweet. Una modifica che gli sviluppatori indipendenti hanno già avuto modo di criticare: seguire le nuove direttive impone l’alterazione o il ritiro del codice scritto finora, soprattutto da singoli designer.



La soluzione migliore è quella d’utilizzare i widget di Twitter, anziché – come sarebbe preferibile – recuperare i dati per integrarli graficamente nel proprio layout. È lo stesso approccio adottato da Facebook per i Social Plugins: attività, commenti, ecc. devono essere esportati dalla piattaforma soltanto con gli strumenti predisposti. Le API 1.1 di Twitter sono, da questo punto di vista, un’enorme operazione di marketing che è cominciata con l’annuncio del nuovo logo. Larry Bird non può essere proposto in forma caricaturale.


È significativo che le linee guida siano state rinominate come direttive. Quanto era prima soltanto consigliato, adesso è obbligatorio: trasgredire significa perdere il diritto d’utilizzare le API di Twitter. Perché cambiare in questo modo una situazione che perdura dalla creazione del servizio e inimicarsi gli sviluppatori? Ovviamente, è un problema economico. Sostenere una piattaforma come Twitter ha dei costi ingenti, in termini di denaro e risorse, perciò la società deve limitare gli sprechi e monetizzare tutto il possibile.


Che esportare i propri aggiornamenti di stato in un contesto diverso dalla linea temporale di Twitter sia uno spreco è opinabile, ma la società non impedisce di farlo. A patto che si visualizzi come ritiene opportuno. Il problema principale è sulle query: le richieste alle API 1.0 erano limitate a 350 all’ora, mentre la versione 1.1 ha una gestione più flessibile. Purtroppo, questa penalizza i “piccoli” e premia i “grandi”, perché la maggioranza delle applicazioni scenderà a max. 60 richieste orarie contro le max. 720 previste.


Via | Twitter






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